«I ain’t got no home». Restrizioni e resistenze nelle esperienze di persone richiedenti asilo e rifugiate in uno Sprar “vulnerabili”
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Come citare

Pitzalis, S. (2024). «I ain’t got no home». Restrizioni e resistenze nelle esperienze di persone richiedenti asilo e rifugiate in uno Sprar “vulnerabili”. AM. Rivista Della Società Italiana Di Antropologia Medica, 25(57). Recuperato da https://www.amantropologiamedica.unipg.it/index.php/am/article/view/708

Abstract

«I Ain’t Got No Home». Restrictions and Resistances in the Experiences of Asylum Seekers and Refugees in a “Vulnerable” Sprar. Ethical-Methodological Reflections

Drawing from a professional experience in 2018 within the asylum reception system in a Central-Northern Italian city, particularly within a project (Sprar) specifically designed for “vulnerable” individuals, this contribution seeks to conduct a nuanced analysis of the nexus between vulnerability, health, and home. The upcoming microevents will ethnographically highlight three interconnected dynamics: the evolution of control mechanisms inherent in the asylum reception system, its influence on the experiences of the “guests”, and the repercussions of these systems and practices on my role as an anthropologist in the asylum context.

«I ain’t got no home». Restrizioni e resistenze nell’esperienze di persone richiedenti asilo e rifugiate in uno Sprar “vulnerabili”. Riflessioni etico-metodologiche.

A partire da un’esperienza lavorativa svolta, nel 2018, all’interno del sistema di accoglienza per persone richiedenti asilo e rifugiate di una città del Centro-Nord Italia- e nello specifico nell’ambito di un progetto (Sprar) specificatamente dedicato a persone “vulnerabili”- questo contributo ha l’intento di riflettere analiticamente sul legame tra vulnerabilità, salute e pratiche dell’abitare. I fatti micro che verranno esposti porranno l’attenzione su tre dinamiche interrelate: il farsi delle logiche di controllo sottese al dispositivo di accoglienza; l’impatto di quest’ultimo nel vissuto degli ospiti; gli effetti di questi dispositivi e pratiche sul mio posizionamento di “antropologa nell’accoglienza”.

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