Abstract
Waiting for the doctor? Considerations on a medical anthropological study in Mexico
With reference to a study in medical anthropology carried out jointly with the Instituto nacional de antropología e historia (INAH) in Mexico, this paper examines a number of theoretical-methodological issues which especially concern the statute of traditional medicine and reciprocal relations between medical anthropologists and the local population. In the field, so-called traditional medicine appears to be fully integrated in every-day life and can be observed mainly in situations characterised by poor healthcare, the precariousness of economic conditions and health conditions of the population. Given such a framework, the main subject of interest for an anthropologist is not an abstract inventory or systematic structured register of traditional beliefs and practices, rather a heterogeneous, provisional and changeable collection of interpretations and actions deployed by people to better handle suffering and illness. The paper also highlights the impossibility to conceive traditional medicine (in this case, the medicine practiced by various indigenous communities in Mexico) as an immutable cultural heritage which is also homogeneous and consistent, immune from contamination; one cannot but note that the local strategies employed to protect the health of a community make use of a number of resources which range from traditional medicine (in the sense of domestic medicine and the activities of the curanderos ) to the doctors practicing at the Centro de salud and, frequently, even anthropologists in the field if, as in the case in question, the same have a medical background and training. The second part of the paper includes a number of considerations concerning the question of the efficacy of traditional medicine starting from research data which concerns “disorders” like the enfado and vergüenza.
Aspettando il dottore? Riflessioni su una ricerca di antropologia medica in Messico
Facendo riferimento a una ricerca di antropologia medica condotta in collaborazione con l’Instituto nacional de antropología e historia (INAH) del Messico, l’articolo discute una serie di questioni teorico-metodologiche che riguardano in modo particolare lo statuto della medicina tradizionale e le relazioni di reciprocità che si stabiliscono fra antropologi medici e nativi. Sul campo la cosiddetta medicina tradizionale si presenta completamente incorporata negli scenari della vita quotidiana e si lascia osservare soltanto insieme alle carenze dell’assistenza medica e insieme alla precarietà delle condizioni economiche e igieniche della popolazione. In questo quadro l’oggetto proprio o primo dello sguardo dell’antropologo non è un astratto inventario o un repertorio sistematico e strutturato di credenze e pratiche tradizionali, bensì un insieme eterogeneo, provvisorio e mutevole di interpretazioni e di azioni messe in campo dalle persone per fronteggiare la sofferenza e la malattia. Si sottolinea l’impossibilità di considerare la medicina tradizionale (in questo caso di alcune comunità indigene del Messico) come un patrimonio culturale immutabile e immune da contaminazioni, omogeneo e coerente e si osserva come, nelle strategie locali di difesa della salute, si intrecciano una pluralità di risorse che vanno dalla medicina tradizionale (intesa sia come medicina domestica che come attività dei curanderos) al medico del Centro de salud e, spesso, agli stessi antropologi sul campo quando, come nel caso in questione, questi hanno anche una formazione medica. Nella seconda parte dell’articolo si presentano alcune considerazioni relative alla questione della efficacia della medicina tradizionale a partire da dati di ricerca riguardanti “malattie” come l’enfado e la vergüenza.